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L’Autolesionismo in adolescenza
L'autolesionismo è definito come il danneggiamento del proprio corpo attraverso lesioni autoinflitte ed intenzionali in assenza di intento suicidario.
Studi epidemiologici recenti hanno mostrato percentuali di prevalenza che oscillano dall'1.5% al 6.7% in campioni di bambini e adolescenti non clinici; mentre in campioni di adolescenti con disturbi psichiatrici, le percentuali salgono al 60% per un singolo episodio di autolesionismo ed intorno al 50% per episodi autolesivi ricorrenti. Il NSSI, infatti, può presentarsi in un ampio contesto di disturbi psichiatrici (disturbi dell'umore, disturbo borderline di personalità, abuso di sostanze, disturbi d'ansia, disturbo post-traumatico da stress, disturbi alimentari), ma può anche manifestarsi senza la comorbidità di una diagnosi psichiatrica.
L'incidenza dei comportamenti autolesivi raggiunge il picco nella media adolescenza (intorno ai 15-16 anni) e tende a diminuire significativamente nella tarda adolescenza (intorno ai 18 anni) fino a risolversi del tutto in giovane età adulta.
Studi recenti, considerando i molteplici fattori che possono influenzare l'autolesionismo, hanno dimostrato che il bullismo ed il cyberbullismo, il coinvolgimento in relazioni interpersonali disfunzionali, la disregolazione emozionale, esperienze infantile avverse (trascuratezza genitoriale, abuso o deprivazione) sono tutti fattori che aumentano il rischio di mettere in atto comportamenti autolesivi.
Il fenomeno del contagio sociale è stato studiato da diversi autori che hanno osservato che la messa in atto di comportamenti autolesivi inizialmente, può essere influenzata dall'emulazione di amici o conoscenti, ma il suo mantenimento è piuttosto correlato a difficoltà di regolazione emozionale. La diffusione di internet e soprattutto l'utilizzo di social network tra i giovani è di forte interesse per i ricercatori. In particolare, l'uso della rete può essere considerato da una parte vantaggioso (diminuisce l'isolamento sociale, incoraggia alla guarigione), ma dall'altra è potenzialmente dannoso in quanto può rappresentare un rinforzo sociale a tale comportamento.
Secondo Nock e collaboratori l'autolesionismo svolge diverse funzioni: regola lo stato emotivo interno diminuendo o rimuovendo sentimenti e pensieri fonte di sofferenza (es. rabbia, tensione); genera sentimenti o pensieri piacevoli e positivi (es. sentirsi vivi); rafforza le interazioni sociali (es. richiedere attenzione o mandare un messaggio agli altri); permette di gestire e/o evitare situazioni sociali spiacevoli (es. non andare a scuola, restare da soli).
La regolazione dello stato emotivo interno sembra essere la finalità più comune.
Per quanto riguarda il trattamento del NSSI, una recente review ha dimostrato che interventi psicoterapeutici come la Terapia Dialettico Comportamentale (DBT-A), la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT), la Terapia basata sulla Mentalizzazione (MBT), risultano essere molto efficaci. Tuttavia, nessuno di questi interventi si è dimostrato più efficace degli altri, ma, in generale, si possono individuare degli elementi essenziali di ogni trattamento psicoterapeutico tra cui: creare la motivazione del paziente al trattamento, identificare i fattori che scatenano o mantengono il comportamento autolesivo, proporre strategie alternative di regolazione emozionale, trattare eventuali disturbi psichiatrici in comorbidità.
L'utilizzo di farmaci specifici per il trattamento dell'autolesionismo deve essere ancora approfondito con ulteriori studi.
Per ulteriori approfondimenti consultare i seguenti link:
https://www-ncbi-nlm-nih-gov.opbg.clas.cineca.it/pubmed/29674305
https://www-ncbi-nlm-nih-gov.opbg.clas.cineca.it/pubmed/21104583
https://www-ncbi-nlm-nih-gov.opbg.clas.cineca.it/pubmed/?term=lewis+sp%2C+seko+y.+2016
https://www-ncbi-nlm-nih-gov.opbg.clas.cineca.it/pubmed/?term=nock+mk%2C+prinstein+mj%2C+2004
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