- Abuso e maltrattamento
- Disturbi dello spettro autistico
- Disturbi del comportamento alimentare
- Disturbi dell’umore
- Disturbi d’ansia
- Disturbi specifici del linguaggio
- Disturbi specifici dell'apprendimento
- Disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività
- Disturbo della condotta
- Disturbo oppositivo-provocatorio
- Disabilità intellettiva e sindromi genetiche
- Stati mentali a rischio e psicosi
- Altri disturbi - i disturbi da tic
- Disturbo Ossessivo-Compulsivo
- Home
- News
- 2023 Articoli Scientifici
- Profili psicopatologici e sintomi di Food Addiction nei Disturbi Alimentari adolescenziali
Profili psicopatologici e sintomi di Food Addiction nei Disturbi Alimentari
Il costrutto di Food Addiction è stato recentemente introdotto per spiegare alcuni comportamenti simili alla dipendenza caratterizzati da un consumo eccessivo e disregolato di alimenti ad alto contenuto energetico. I Disturbi Alimentari (DA) sono spesso in comorbidità con la FA ma anche con i disturbi correlati a sostanze e dipendenza (SRAD) poiché queste due condizioni condividono caratteristiche simili che possono riflettere meccanismi neurali sottostanti comuni e substrati interagenti a livello neurobiologico e metabolico.
Lo studio presentato si pone come obiettivo di descrivere il conteggio e la frequenza dei sintomi di FA tra i sottogruppi di DA nell'adolescenza, delineando i profili di dipendenza alimentare e indagando l'associazione tra sintomi di FA, diverse diagnosi di DA e psicopatologia del paziente.
Ad un campione di 122 adolescenti (età media 15,6 anni) è stata somministrata la Yale Food Addiction Scale 2.0 (YFAS 2.0), lo Youth Self Report (YSR), la Multidimensional Anxiety Scale for Children 2 (MASC2), il Children Depression Inventory 2 (CDI2) e l'Eating Disorder Inventory 3 (EDI-3). Le analisi statistiche hanno previsto il test del chi quadrato di Pearson per il conteggio dei sintomi e l'analisi delle corrispondenze multiple per l'identificazione dei profili di FA nei diversi DA.
Rispetto al primo obiettivo, il conteggio medio dei sintomi era di 2,8 (DS 2,7), più alto della popolazione non clinica, e in linea con gli studi nella popolazione clinica di pazienti adolescenti con DA. Il sintomo di "astinenza", ovvero l'insieme sintomi avversi fisici, affettivi e cognitivi che si verificano quando l'uso di una sostanza che crea dipendenza viene ridotto o interrotto, era il più frequente (51%) e il più associato ai punteggi clinici descritti nei questionari self-report. Tale risultato appare differente dai principali dati di letteratura, tuttavia una spiegazione potrebbe essere che il modello alimentare restrittivo, prevalente nel campione dello studio, possa aver sollecitato esperienze e sentimenti legati all'astinenza, soprattutto a causa di una restrizione che perdura nel tempo.
Il secondo obiettivo di questo studio era delineare i profili di FA dei pazienti con DA indagando l'associazione tra i sintomi YFAS 2.0, le diverse diagnosi di DA e la psicopatologia dei pazienti.
I risultati hanno mostrato che i punteggi psicopatologici non hanno un peso statistico nella profilazione della FA. Inoltre, in linea con la letteratura, emerge una forte associazione tra tutti i sintomi di FA e la diagnosi di Bulimia Nervosa, in particolare per il "craving". Al contrario, la diagnosi di Disturbo Alimentare Evitante/Restrittivo era associata alla negatività di tutti i sintomi di FA, mentre l'Anoressia Nervosa (sia restrittiva che atipica) non era affatto associata ai sintomi di YFAS 2.0 ma era associata a tutti i punteggi clinici dei test psicopatologici.
Questi risultati evidenziano potenzialmente due diversi fenotipi di FA, come suggerito da Wiss et al., legati ai due comportamenti alimentati disfunzionali, da una parte quelli restrittivi, dall'altra quelli discontrollati.
L'analisi MCA, infatti, mostra che i pazienti con Anoressia Nervosa potrebbero essere considerati dei "falsi positivi" alla diagnosi di FA. L'astinenza, che emerge come il sintomo più frequente anche nel sottocampione con Anoressia Nervosa, potrebbe essere legata alla condizione psicologica derivante dalla restrizione alimentare e, quindi, potrebbe essere una conseguenza negativa, come nel caso della disforia o della distimia presente in questi pazienti. Seguendo l'idea della "falsa positività" alla FA, inoltre, è possibile ipotizzare che i pazienti con Anoressia Nervosa siano dipendenti non dal cibo in sé, ma dalla sensazione legata alla gratificazione conseguente al digiuno (associazione negativa), al contrario i pazienti con Bulimia Nervosa potrebbero avere una "vera positività" e presentare una vera e propria dipendenza legata al cibo.
Questa distinzione può essere importante nella pratica clinica. Wisse et al. suggeriscono di considerare i due fenotipi per l'intervento nutrizionale: nel caso di una "vera" FA, potrebbe essere utile sostenere l'evitamento alimentare specifico che crea dipendenza, mentre nel caso di una "falsa" FA, potrebbe essere cruciale per contrastare il comportamento restrittivo sostenere la paziente nell'apertura verso tutto il cibo.
Inoltre, il fatto che la positività alla FA sia stata evidenziata non solo in pazienti con comportamento di binge-eating o soggetti in sovrappeso, ma anche in pazienti con disturbi alimentari restrittivi, supporta l'ipotesi che la FA sia un costrutto transdiagnostico. Diversi studi hanno notato che una percentuale significativa di pazienti con AN restrittiva passa al sottotipo binge-purge durante il decorso della patologia. Approfondendo questo fenomeno, Sanchez et al. hanno trovato elementi comuni nei profili clinici dei pazienti con AN restrittiva con positività per FA e dei pazienti con AN binge-purge, suggerendo che la positività per FA potrebbe sostenere un possibile cross-over da un sottotipo all'altro. Pertanto, disporre di informazioni sulla presenza di FA può informare i medici sulla salute mentale generale del paziente e sul rischio di transizione verso comportamenti di binge-purge, aiutando ad adattare il trattamento alle caratteristiche cliniche e di personalità del paziente.
I principali limiti del presente studio sono la piccola dimensione del campione e, in particolare, la differenza tra la numerosità dei diversi sottogruppi. Pertanto, la popolazione considerata potrebbe non essere rappresentativa e i risultati potrebbero non essere generalizzabili. Inoltre, lo studio manca di un gruppo di controllo di adolescenti sani.
Clicca qui per leggere l'articolo
© RIPRODUZIONE RISERVATA