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Le Depressione Maggiore: un puzzle biologico complesso
La depressione maggiore (MDD) è una malattia complessa e diffusa che colpisce circa il 20% della popolazione e rappresenta una delle principali cause di disabilità a livello globale. È caratterizzata da sintomi che includono alterazioni dell'umore, perdita di interesse, difficoltà cognitive e cambiamenti fisici, come affaticamento e disturbi del sonno. Le cause della MDD sono molteplici e molte di queste teorie condividono percorsi comuni, suggerendo che esse rappresentano frammenti di un unico quadro complessivo.
Secondo la teoria delle monoaminei sintomi della depressione derivano da un'alterazione nei livelli di tre neurotrasmettitori principali: serotonina (5-HT), noradrenalina (NA) e dopamina (DA). Alcuni studi hanno dimostrato che una riduzione improvvisa della produzione di serotonina o dopamina non provoca depressione in persone sane, suggerendo che una diminuzione delle monoamine da sola non è sufficiente a causare la malattia. Non ci sono prove conclusive che un singolo neurotrasmettitore sia il fattore centrale della depressione. Molti dati suggeriscono che altri processi e sostanze biologicamente attive, sono coinvolti nello sviluppo della depressione maggiore.
La teoria dello stress afferma che l'esposizione prolungata a stress cronico può provocare depressione attraverso l'iperattivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), che regola la risposta allo stress. Quando il cortisolo, l'ormone dello stress, rimane elevato per lunghi periodi, causa cambiamenti in aree cerebrali cruciali come l'ippocampo, la corteccia prefrontale e l'amigdala. L'ippocampo, fondamentale per la memoria e la regolazione dell'umore, può subire danni, mentre la corteccia prefrontale perde la capacità di gestire le emozioni e l'amigdala diventa iperattiva, aumentando ansia e paura. Questi cambiamenti rendono il cervello più vulnerabile alla depressione. Tuttavia, non tutte le persone che sperimentano stress cronico sviluppano depressione, il che suggerisce che anche fattori genetici e ambientali contribuiscono alla risposta individuale allo stress.
Numerosi studi basati sulla teoria infiammatoria, hanno evidenziato che molte persone con depressione mostrano segni di infiammazione sistemica, e malattie associate all'infiammazione, come l'artrite reumatoide, spesso correlate a sintomi depressivi. Le citochine infiammatorie possono danneggiare i neuroni e ridurre la neurogenesi, contribuendo a sintomi come stanchezza, difficoltà di concentrazione e anedonia.
La teoria circadiana della depressione suggerisce che un'alterazione dei ritmi circadiani, ovvero i cicli naturali di sonno-veglia e altre funzioni corporee regolate dall'orologio biologico, possa contribuire allo sviluppo della malattia. I pazienti affetti da depressione spesso presentano disturbi del sonno, come insonnia o risvegli precoci, e alterazioni nei livelli di cortisolo e melatonina, ormoni legati ai ritmi circadiani. Secondo questa teoria, eventi stressanti o cambiamenti nel ciclo sonno-veglia possono influenzare negativamente i ritmi biologici, portando a uno squilibrio nei segnali che regolano l'umore. La teoria circadiana spiega anche perché alcune terapie, come la deprivazione del sonnoo la regolazione della luce, possano temporaneamente alleviare i sintomi depressivi. Tuttavia, non è ancora chiaro se le alterazioni circadiane siano una causa diretta della depressione o un sintomo secondario della malattia. In ogni caso, la disfunzione dei ritmi circadiani è considerata un importante fattore che contribuisce al manifestarsi e al mantenimento della depressione.
In conclusione, queste teorie suggeriscono che la depressione maggiore derivi da un'interazione complessa tra fattori biologici, genetici, ambientali e psicologici. Sebbene nessuna teoria sia in grado, da sola, di spiegare completamente la malattia, ciascuna condivide elementi comuni con le altre, indicando che la depressione possa essere causata da un'alterazione di sistemi cerebrali interconnessi.
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